Ipoacusia e terza età

Ipoacusia e terza età

L'incidenza dell'ipoacusia tende ad aumentare con l'età. Eppure, oggi, considerare anziani i 65enni è del tutto anacronistico: fortunatamente godono di ottima forma, proprio come i 55enni di 40 anni fa. Viaggiare, essere attivi e protagonisti fino in fondo della propria vita è un'esigenza irrinunciabile. L'ipoacusia non può e non deve essere un ostacolo.

Presbiacusia

In tutti i Paesi industrializzati, secondo un trend consolidato, la popolazione tende a divenire sempre più anziana. Con l’instaurarsi dei processi di “invecchiamento” fisiologici in rapporto all’età, vi è una degenerazione progressiva del neuroepitelio, con conseguente decadimento della sensibilità uditiva.  I disturbi della funzione uditiva che accompagnano il processo di invecchiamento vengono definiti presbiacusia, vale a dire la riduzione della capacità uditiva che subentra con l’età per fenomeni di senescenza fisiologica.

Oltre che dalla diminuzione di sensibilità uditiva, la presbiacusia è caratterizzata da una riduzione della comprensione di dialoghi in ambienti rumorosi, da una rallentata elaborazione centrale delle informazioni acustiche e da un’imprecisa localizzazione della fonte sonora. Sintomi spesso associati sono acufene e vertigini. Oltre all’invecchiamento, altre cause contribuiscono a velocizzare ed a complicare il quadro clinico: il fumo, l’abuso di alcuni farmaci, l’ipertensione e l’aterosclerosi. Si tratta di un danno irreversibile e progressivo, che risponde scarsamente alle terapie mediche, per cui l’unica possibilità di trattamento è correlata all’utilizzo dell’apparecchio acustico.

Uno studio condotto dal Prof. Frank Lin, presso il Dipartimento di Otorinolaringoiatria dell‘Università Johns Hopkin, negli USA, ha rivelato che negli anziani l’ipoacusia non trattata può aumentare il rischio di sviluppare e/o enfatizzare forme di demenza e compromettere le proprie abilità cognitive.

Anziano a chi?

Pensare che l'ipoacusia sia un problema "da vecchi" è un pregiudizio errato. Basti pensare che oggi, purtroppo, si stima che il 15% dei ragazzi presenta una perdita dell'udito uguale o superiore a quella dei propri genitori. Ciò è dovuto al fatto che il rumore ambientale oggi è maggiore di 50 anni fa. Inoltre, l'allungamento della vita media ha spostato sensibilmente in avanti i presunti "limiti" dell'età.

Riportiamo, a questo proposito, lo stralcio di un interessante articolo apparso su Corriere.it

MILANO - Non chiamateli vecchi. Gli italiani di 65 anni o giù di lì non vogliono proprio sentir parlare di terza età: secondo un'indagine presentata alla London School of Economics, condotta intervistando oltre 12mila over 65 in diversi Paesi, due ultrasessantacinquenni italiani su tre dichiarano di non sentirsi affatto «anziani». Quattro su dieci pensano che la vecchiaia inizi davvero solo dopo gli ottant'anni: incoscienza giovanilistica di una generazione, o visione realistica di una terza età che non ha più i capelli grigi? Marco Trabucchi, presidente della Società italiana di psicogeriatria, propende per la seconda ipotesi: «Considerare anziano un 65enne oggi è anacronistico: a questa età moltissimi stanno fisicamente e psicologicamente bene. Sono nelle condizioni in cui poteva trovarsi un 55enne una quarantina d'anni fa. Per questo affermano di non sentirsi vecchi: non lo sono e se hanno qualche piccolo acciacco lo tollerano senza troppi drammi».

Di Elena Meli - Clicca qui per leggere la versione integrale dell'articolo

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